Per i richiami stilistici, ai dettati del Vignola e del suo trattato sui cinque ordini di architettura, simile e coevo è il portale di questo palazzo all’altro di Via Spagna appartenuto originariamente ai Pizzarro.
Esibisce, infatti, 4 paraste d’ordine dorico romano, due di prospetto bugnate e due di scena, montate originariamente su plinti, tagliati forse per consentire un più agevole traffico nell’angustia della via, su cui poggia una trabeazione corniciata anch’essa dorica con inserimento nelle metope di gigli araldici e di rosoni.
Il palazzo, risalente ai primi anni del XVII secolo, appartenne alla famiglia Munittola, venuta in Gallipoli con Orazio, dottor fisico da Morciano, e assunse nell’ambito dell’intero isolato importanza tale da determinarne la denominazione.
Ne fu proprietario nel 1742 Francesco, “abitante in luogo detto la Monittola, giusta le case del convento di Santa Teresa”, il quale possedeva anche “un trappeto di macinar olive sotto la casa ove abita”.
L’arma dei Munittola che fu “d’azzurro al tronco d’albero al naturale con i rami mozzi, su cui poggia un cardel-lino anche al naturale; alla stella d’argento posta nel canton destro dello scudo” secondo la descrizione che ne fece il Foscarini, campeggia dal sommo di una colonna collocata all’angolo sud del palazzo, accanto al portale, rilevata in pietra con svolazzi e cimiero chiuso di profilo, insegna esteriore di nobiltà semplice.
Questa famiglia contrasse nobili parentati con Musurù, Pirelli, Balsamo, Camal-dari e Sansonetti, pur essendo stati inclini i suoi discendenti alla professione medica ed alla mercatura, che praticarono soprattutto dalla fine del XVIII secolo.
Testo originale – Elio Pindinelli
Traduzione in lingua inglese a cura di Rocco Merenda
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