Le figurazioni scolpite nella pietra locale narrano i miti classici di TRE NINFE trasformate dalla pietà degli dei in fonti perenni.
Il primo mito svolge il tema della zelotipia con Dirce, moglie del re Lico di Creta, sacrificata dalla gelosia e dalla vendetta di Anfione e Zeto furenti per le offese fatte all’onore della madre Antiope, alla ferocia di un toro indomito.
Vi è trasfuso in questo mito, nel linguaggio criptico ed erudito, l’avvertimento a rifuggire dal sentimento della gelosia e dal furore della vendetta.
All’estremo opposto vi è raffigurato il mito ovidiano di Biblide che arse d’innaturale amore per il fratello Cauno, raffigurato nell’inorridito atteggiamento di fuggire dalle insane voglie dell’adolescente sorella.
Anche qui è leggibile un chiaro monito contro l’incesto ed un invito alla castità dei costumi e a temperare le passioni nell’alveo dell’amore coniugale che ben è espresso nel comparto centrale della fontana, dove sono riconoscibili la dea Venere che cinge con un laccio i corpi nudi di due amanti mentre l’alato Cupido scocca il fatale dardo d’amore. E’ il mito intramontabile di Salmace, la ninfa amata da Ermafrodito e che, come esplicita il distico latino di Ausonio, “per aver desiderato tanto il suo uomo ha visto formarsi un sol corpo”, felice la donna ma ancor più fortunato l’uomo che si è unito in un sol corpo alla fanciulla amata.
E’ chiaramente qui sottolineata la sacralità del matrimonio, benedetto dagli dei e propiziato dall’amore, nel cui ambito soltanto, ammonisce il monumento, è consentita la consumazione del rapporto sessuale.
Testo originale – Elio Pindinelli
Traduzione in lingua inglese a cura di Rocco Merenda
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