SETTIMANA SANTA A GALLIPOLI: IL TEATRO SACRO DELLA DEVOZIONE

Gallipoli, città di mare e di anime antiche, si prepara a vivere uno dei momenti più intensi dell’anno: la Settimana Santa. Le sue pietre secolari, i vicoli del centro storico e i bastioni affacciati sul mare si trasformano in un palcoscenico mistico, dove sacro e umano si fondono in un rito che attraversa i secoli. Non è spettacolo, ma vera liturgia della comunità: una drammaturgia collettiva, composta da silenzi, marce funebri, statue lignee e volti nascosti da cappucci. Qui, la fede si muove lenta, incedendo scalza tra passato e presente.

17 aprile – I “sabburchi” del Giovedì Santo
Il Giovedì Santo i portoni delle chiese si aprono agli altari della reposizione, conosciuti come “sabburchi”, tra luci soffuse e addobbi floreali. In particolare, a Gallipoli Vecchia si riversano centinaia di fedeli, turisti e curiosi per visitare le numerose chiese aperte fino all’alba, quando la città di Gallipoli si prepara a salutare il Cristo morto e la Desolata nel loro ultimo passaggio. I membri delle confraternite, i MAI, incappucciati con abiti tradizionali si scambiano le visite camminando in processione, annunciati dal suono della tromba. Tutte corporazioni degli antichi mestieri – muratori, pescatori, falegnami, calzolai – rendono omaggio agli altari, in un pellegrinaggio continuo che inizia al tramonto.

18 aprile – L`Urnia e la Processione dei Misteri
Il Venerdì Santo, Gallipoli tace. Nessuna campana rompe il silenzio che avvolge il borgo antico. Verso le 15:00, fuori dalla chiesa del SS. Crocifisso, prende forma la processione dei Misteri, organizzata dalla Confraternita dei Bottai. L’uscita è preceduta da un penitente con mozzetta turchese, corona di spine, discipline e troccola. Seguono le sentinelle con i lampioni, poi i simulacri della Passione, sculture di grande valore artistico e spirituale.
L’Urnia del Cristo morto guida il corteo, accompagnata da marce antiche composte da autori locali. A chiudere il lungo cammino – che durerà otto ore – è la Vergine Addolorata, seguita dai confratelli pescatori in camice bianco e mozzetta azzurra. I penitenti scalzi, con il volto rivolto a terra, trascinano pesanti croci in un lento martirio che attraversa la notte fino a mezzanotte.

19 aprile – Il Sabato Santo e la Desolata
Tre ore dopo il rientro dei Misteri, alle 3 del mattino del Sabato Santo, la chiesa della Madonna della Purità apre le porte alla processione più silenziosa, quella della Desolata. Il buio è profondo, le vie deserte. Per nove ore, la statua della Vergine vaga per la città, accompagnata da pochi, in un raccoglimento che tocca l’anima. A mezzogiorno, tutto si ferma. Le porte restano chiuse. La città attende.

20 aprile – Pasqua e il rogo della Caremma
La domenica di Pasqua è un’esplosione di gioia trattenuta. Le campane annunciano la Resurrezione. È la fine del silenzio, è il trionfo della luce. Prima, però, va compiuto un ultimo rito: il rogo della Caremma. Le “caremme” sono fantocci raffiguranti vecchiette appese ai balconi per tutta la Quaresima, con abiti scuri, conocchia e fuso tra le mani. Ogni settimana perdono una piuma, segno del tempo che passa e, simbolo di penitenza, diventano monito visivo e collettivo. Il giorno di Pasqua, esattamente a mezzogiorno, vengono bruciate in piazza, al suono delle campane: il fuoco libera, purifica, rinnova.

 

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